E ORA CHE SUCCEDE, COSA FACCIO? CHI MI AIUTERA' QUANDO SARO' FUORI DA QUESTA STANZA DI OSPEDALE?

“Apro la porta di casa mia, non c’è nessuno ad accogliermi. Mio marito mi ha lasciata all’ingresso, davanti al  portone, ed è corso al lavoro. Oggi non si scherza, bisogna conservarlo il lavoro. Ho in braccio il mio bambino ma stranamente non provo quella gioia che mi aspettavo. Sento come un senso di timore, di vuoto allo stomaco. Sono forse sbagliata? Come vorrei che ci fosse qualcuno qui con me in questo momento…”

Questo breve racconto esprime bene quello che tante neo mamme sperimentano all’inizio del loro percorso genitoriale materno. Per molte di noi l’inizio non somiglia a quanto avevamo immaginato nei lunghi mesi di gravidanza. L’incontro con una realtà che mostra la sua faccia meno generosa fa ridimensionare, a volte, la visione romantica che avevamo prodotto mentalmente attraverso le fantasie anticipatorie e preparatorie, all’arrivo del nostro bambino. Quello che si rende evidente è spesso un desiderio nascosto di essere aiutate. Nascosto perché difficilmente ci diamo il permesso di questa fisiologica e naturale fragilità temporanea. La viviamo come fosse un indicatore di inefficacia che si estenderà ad ogni cosa riferita al nostro bambino e a noi come madri, e si manifesterà sempre e per sempre.

Allora proviamo insieme a fare una riflessione un po’ più analitica sulla questione.

Chiediamoci cosa prova una neo madre che vive situazioni di insicurezza e disagio e percepisce il bisogno di essere sostenuta. Quali scenari interiori, quali emozioni si profilano e si agitano nell’animo e nella psiche di una donna in questi frangenti? Il mondo emotivo in sommovimento disordinatamente, probabilmente si sposta a tratti da una emozione positiva di gioia verso il proprio bambino, a una di disagio e smarrimento in un momento di impasse. Ma come può esprimere apertamente una domanda di aiuto una donna che sente su di sé il carico di dovercela fare da sola, in quanto donna? Quale senso di inopportuna inadeguatezza e fallimento prova colei che non riesce a farsi carico della titolarità del proprio figlio senza appoggiarsi a qualcuno. Eppure lo sanno bene le neo madri confortate dalla presenza di un marito che partecipa o dalla propria madre o da una Doula, quanto sia importante e spesso essenziale, un aiuto e un sostegno in molti momenti della giornata. E come questo valga per tutte le neo madri senza eccezione.

Si legge spesso sui manuali di puericultura di riposare molto e non occuparsi d’altro che del bambino…senza rendersi conto della contraddizione, del paradosso insito in tale affermazione. Se la neo madre è sola nel farsi carico di tutto, difficilmente riuscirà a riposare quanto le occorre. E le madri sono spesso sole, all’interno di nuclei familiari rimpiccioliti e privati delle figure di riferimento che in passato occupavano posti di rilievo in termini di conforto ed assistenza. Ma proviamo a osservare l’imbarazzo di una neo mamma quando chiede aiuto, guardiamo e ascoltiamo come lo fa, con quanta difficoltà esprime un dubbio, un’incertezza circa il suo ruolo. La cosa più evidente è un senso di inadeguatezza, di vergogna. 

Le neo madri che necessiterebbero o vorrebbero un aiuto sono molte più di quelle che di fatto lo chiedono. Resta un dato statistico sommerso; vi è ancora oggi un tabù rispetto tale verità: quale donna vuole mostrare la propria fragilità come femmina/madre se l’archetipo di mater-materna ha conservato gli antichi significati e resta ancora così pregnante e radicata nell’immaginario collettivo? Eppure la storia ci racconta di usi, costumi  e comportamenti femminili, sul versante materno, molto variabili.

Anche se spesso le neo mamme se la cavano bene e sembrano giocolieri  in grado di gestire tempi e risorse con grande abilità, non dimentichiamo la fatica fisica emotiva e psicologica che questo comporta. A volte basterebbe e/o occorrerebbe  un po’ di aiuto. Sempre più spesso penso all’importanza che avrebbe per le neo madri, un fondo sociale  da gestire per avere un aiuto da personale qualificato e magari in spazi  strutturati. Sarebbe un ottimo modo di fare prevenzione e favorire la salute mentale dei soggetti coinvolti nell’esperienza.

Potremmo guardare l’accompagnamento come forma preventiva rispetto il disagio e il disturbo depressivo nel dopo parto. Le ricerche lo documentano.

La prevenzione oggi è oramai un leit-motiv per qualsiasi problema a carattere fisico o psicologico, e viviamo in una società e in un’epoca storica che mette l’uomo e le sue esigenze spirituali, emotive e psicologiche, nella scala più alta delle priorità.

Nei piani alti della piramide maslowiana.

E allora dove sono gli aiuti alle neo mamme e alle famiglie come forma preventiva di disturbi psicofisici legati al carico dell’esperienza stessa della maternità/paternità, e ai più diversi svantaggi sociali e ambientali delle nuove forme familiari mononucleari?

Esiste allora una contraddizione o forse un paradosso di cui non siamo ancora del tutto consapevoli. Si asserisce concettualmente, teorizzando, una cosa all’apparenza imprescindibile e ovvia che poi viene negata nella pratica; nei fatti e nelle azioni. Siamo all’interno e viviamo un doppio legame, dove orientarci su quale sia la reale posizione di un interlocutore ( l’attuale sistema socio sanitario) così ambivalente ed ambiguo ci paralizza in una impossibilità di risposta comprensibile. Se davvero crediamo, come molti studiosi hanno rilevato, che la qualità dell’esperienza interna dell’uomo si faccia azione, fatto oggettivo, attraverso il suo comportamento, non possiamo trascurare questo aspetto sin dall’inizio. Da una buona qualità di esperienza interiore sortirà un altrettanto buon comportamento. L’ambiente che incontra e che offre una neo madre al proprio bambino è il primo luogo di formazione di questa qualità di esperienza interna. ( Tratto da “ Quando nasce una madre. Un passaggio di stato fra sangue e amore” Antonella Zecchi)

Da queste considerazioni e da ricerche in questo senso, è nato il progetto Libera Scuola delle Doule e Coun&doule. Vuole essere una risposta; un abbraccio a tutte famiglie e alle  neo mamme che aprono quella porta di casa e non trovano nessuno che dica loro “benvenuti a casa”.

 

Antonella Zecchi 2013